venerdì 19 febbraio 2010

Scuola dell’Infanzia. Note da un’esperienza.




Nelle varie ipotesi progettuali la scuola dell’infanzia a volte viene accomunata ai Nidi, a volte alla Scuola Primaria. E’ davvero necessario superare questa ambiguità.
Ricordiamo che :

- A Bologna la scuola dell’infanzia si colloca storicamente, in base alle scelte politico-pedagogiche degli anni ‘70, nel progetto unitario della “scuola di base”, con riferimento ai tempi sociali del lavoro delle famiglie ma anche con attenzione tutta pedagogica ai tempi e agli spazi di vita, di relazione, di curiosità cognitive dei bambini e delle bambine dai tre ai sei anni.

- Dopo il cambiamento del suo nome – l’asilo - (che pure è rimasto a lungo nelle parole bolognesi nella sua dizione presa direttamente in prestito dal dialetto) e l’adozione fin da subito della nuova denominazione - scuola dell’infanzia - essa (in contemporanea con la qualificazione del tempo scuola a giornata integrata del Tempo Pieno) ha contribuito ad una cultura pedagogica diffusa anche a livello nazionale, tant’è vero che il modello sperimentato ed anticipato dalle nostre amministrazioni è diventato il riferimento per l’attuale scuola dell’infanzia statale.

La forte impronta sperimentale non aveva avuto l’intento di creare scuole esemplari, ma l’obiettivo prioritario era quello di attrezzarsi per avere una scuola di qualità, intenzionalmente dedicata a colmare e a ridurre le carenze culturali attribuibili alle disuguaglianze sociali ( Ciari diceva “ dare di più a chi ha meno”).
Abbiamo fortemente voluto una scuola capace di tenere insieme gli aspetti di cura con la ricerca e la sperimentazione didattico-educativa e questo ha dato risultati concreti rispetto alla lotta nella dispersione scolastica e ne ha fatto un modello di scuola esportabile e riproponibile: un riferimento di tale importanza che ha portato alla stesura della normativa nazionale di riferimento, che sono gli attuali Orientamenti del 1991.

- La scuola dell’infanzia statale dopo le sperimentazioni “Alice” e “Ascanio”, che hanno contribuito a dare un profilo originale e specifico alla scuola per i bambini e bambine dai 3 ai 6 anni, rischia di diventare oggi una “ sorella minore” negli Istituti Comprensivi, la cui nascita istituzionale sembra rispondere più a logiche di contenimento della spesa pubblica che a obiettivi pedagogici di continuità e di verticalità del percorso formativo nei tratti più significativi dell’età evolutiva - 3/6- 6/11 –11/14 anni.

- La stessa logica degli anticipi, in entrata ed in uscita, ha fortemente minato l’identità di questa scuola, promuovendo l’idea di un’infanzia da saturare con un “adultismo precocisistico” indifferente ai ritmi e ai tempi di crescita di ciascun/a bambino/a.

- Il progetto di obbligo e poi di generalizzazione dell’ultimo anno di frequenza sarebbe, a nostro avviso, fortemente da rivalutare, proprio per equilibrare le disuguaglianze di partenza specie per i bambini figli di cittadini stranieri.
L’assessore Ferratini aveva perfezionato questo progetto portandolo fino alla vigilia di una sperimentazione in convenzione con lo Stato, ed aveva cominciato ad assumere il personale precario al fine di dare più stabilità alla scuola.

- La giunta Guazzaloca in seguito, attraverso l’assessore Pannuti, ha avuto come unico obiettivo dichiarato quello di avere una quota di 50% pubblico e 50% privato: mentre il precariato aumentava nessuna posizione è stata sanata.

- In questi ultimi anni abbiamo rilevato un investimento non scontato: la scuola dell’infanzia comunale ha visto la ripresa di assunzioni di professionalità pedagogiche e una stabilizzazione del precariato che, insieme alla redazione del Piano Regolatore dell’edilizia scolastico-educativa, ci forniscono oggi le condizioni per imprimere un nuovo slancio innovativo ed anticipatore insieme al coordinamento di organismi tecnici, che diano una precisa cornice concettuale ed operativa in una rinnovata sinergia con l’Università.

- All’inizio della sfortunata vicenda legata al nome dell’ex Sindaco di Bologna, Flavio Delbono, si era parlato di realizzare un “Festival dell’economia sociale”. L’idea resta valida. Potrebbe e dovrebbe trovare posto la valorizzazione del patrimonio umano accumulato nelle nostre scuole dell’infanzia e crediamo che sia comunque indifferibile rilanciare un ampio confronto pubblico su quale progetto educativo attrezzare oggi nel XXI° secolo in risposta ai bisogni e ai diritti dei bambini, delle bambine e delle nuove famiglie, a cui l’Amministrazione di Bologna dovrà continuare a impegnare molte risorse, umane, professionali, pedagogiche e finanziarie.

Come insegnanti sentiamo a maggior ragione oggi, la necessità di poter avere gruppi di lavoro stabili e paritari a livello contrattuale e anche di percorsi di rete, che ci aiutino a testimoniare un’esperienza e una pratica di lavoro avente lo scopo di aumentare la conoscenza e la ricerca di trasferibilità, nella convinzione che è a partire dalla rielaborazione delle esperienze che si creano le premesse per un aumento di crescita professionale di tutti i soggetti coinvolti.
Aprire rapporti e relazioni con tutti significa proporre con più forza un dialogo sul fare concreto e si riuscirebbero a creare sempre più occasioni ( a carattere duraturo e costante nel tempo) che favoriscano la valorizzazione in contesti sempre più ampi, coinvolgendo più da vicino città e cittadini.

Perché investire nella scuola, investire sugli insegnanti, su tutto il personale, significa investire su un obiettivo ritenuto prioritario: il futuro del proprio Paese, rappresentato dai bambini e dalle bambine.
Anche in un momento di crisi profonda come l’attuale occorre contrastare con forza il lento e progressivo arretramento prodotto dalle scelte scellerate del Governo Berlusconi.
L’obiettivo è importante, se non strategico: occorre che a partire da qui, da Bologna, si prosegua l’impegno per la qualità dell’offerta pubblica della scuola, consapevoli dei diritti e dei valori in gioco, nonché della importantissima funzione sociale che le scuole esercitano nel territorio.

Anna Fiorini