sabato 20 marzo 2010

Io sono stata fortunata.


Continua il nostro percorso nella Scuola dell’Infanzia attraverso le voci di insegnanti protagonisti di più generazioni di impegno.
Qui un dialogo con Lucia Fava, di Bologna.

Quando ho iniziato il mio lavoro di insegnante di Scuola d’Infanzia c’era un contesto storico molto importante: erano gli anni ’70 ed era alta la tensione verso lo sviluppo dei servizi sociali, nonché l’attenzione ai beni pubblici.
Era il contesto della massima diffusione della scuola dell’Infanzia e noi sentivamo che a livello istituzionale la scuola era considerata, osservata, stimolata e tutelata.
Una occasione importante era per noi il Febbraio pedagogico; un intero mese in cui la città era coinvolta sulla scuola e le esperienze nuove circolavano con una doppia valenza: le insegnanti si sentivano gratificate perché portavano a confronto le loro esperienze e nello stesso tempo si offrivano stimoli alla ricerca e alla sperimentazione per cambiare le situazioni “ferme”dal punto di vista pedagogico.
La scuola Materna ha cambiato nome ed è diventata scuola dell’Infanzia , primo gradino della scuola di base . Con il passare degli anni nelle varie scuole si sono attivate varie sperimentazioni motivate e stimolate dalle ricerche in campo pedagogico : sicuramente all’interno hanno portato dei cambiamenti che sono rimasti, comunque, bagaglio esperienziale di ogni scuola.
Mi piace ricordare la mia sorpresa ,quando giovane, vidi Ciari e Malaguzzi discutere democraticamente su due modelli educativi che pur avendo una diversità di procedure ,erano ugualmente attenti alla complessità del mondo infantile.
La condivisione ,il confronto sono rimaste pratiche che negli anni sono scomparse.

Oggi la ricerca pedagogica ha nuove proposte per affrontare i problemi che il mondo infantile presenta ?
Bambini bersagliati e manipolati da miriadi di sollecitazioni che impediscono di fare esperienze concrete con il proprio corpo,con le proprie mani ,contornati da norme igieniche sempre più restrittive e da una moda che li intrappola in vestiti a misura di adulti ,come possono essere liberati all’esperienze se non hanno degli adulti che li accompagnano nelle scoperte ,nelle prove ,nel discernimento……

Quali possono essere i modelli di scuola che meglio rispondono alle esigenze dei bambini di oggi ?
Per bambini intendo tutti e tutte ( stranieri,bambini in difficoltà,bambini diversamente abili , bambini con risorse e con capacità ….)
La scuola sembra ferma .. i singoli progetti che per anni si sono svolti nelle scuole hanno alimentato a fornire un progetto di scuola oppure sono rimasti chiusi nel suo interno ?
In questo momento vorrei, come Rodari nelle sue storie, fare uscire dalle scuole tutte le esperienze e i progetti che alcuni insegnanti con grande passione hanno attuato credendo nel proprio lavoro..
Penso che la “buona scuola”, diversa da quello che oggi ci vogliono imporre, con la scusa dell’efficienza e della razionalizzazione delle risorse, ci sia però deve “uscire”, deve diventare “bene comune” della comunità.

E’ possibile una scuola diversa? E’ possibile una scuola in grado di “promuovere” il ruolo positivo di ciascuno, dei “forti” e dei “deboli”, una scuola aperta alla ricchezza della “diversità”, una scuola scientificamente e socialmente al passo dei tempi, consapevole dei “bisogni” dei bambini e dei ragazzi di oggi e di domani?
Ma per una scuola così, quale organizzazione è necessaria? Dobbiamo chiederci se vada ancora bene un’organizzazione in gran parte, salvo alcune modifiche di facciata, ancora modellata per obiettivi non più socialmente e culturalmente adeguati.
Diventa adesso importante, anzi vitale, che la ricerca, la cultura, la politica siano in grado di proporre contenuti, strumenti, strategie per un nuovo sistema formativo, dalla scuola per l’infanzia fino a ….
Quindi, da un’organizzazione scolastica strutturata per preparare all’avvio della scuola successiva ( la scuola elementare) si tendeva ad orientarsi verso una scuola che voleva riconoscere il bambino e il suo diritto ad essere tale, con le sue specificità tipiche della sua età (3-6 anni).
La conoscenza di Lapierre, di Ocouturier, ci introdusse a considerare il bambino tutto intero, con il suo corpo e la sua mente. Da qui il cambio di orientamento: non più scuola materna ma vera e propria scuola dell’Infanzia, per un bambino finalmente soggetto di diritti.
Allora partimmo con la destrutturazione, che rimetteva in discussione gli spazi e le modalità di utilizzo dei materiali: il materiale logico-matematico, per aiutare il bambino ad apprendere e a stimolare la mente, ce lo costruivamo da sole con il traforo: il Lotto con il cartone, i numeri in colore grandi costruiti con il legno…le ditte oggi famose sono arrivate dopo. Usavamo il Polik di legno per costruire macro-strutture, facevamo ricerche sulla lingua con la frase giocata e rigiocata, con la grammatica della fantasìa e i racconti di Gianni Rodari….
Abbiamo applicato e compreso l’importanza dell’osservazione, della comunicazione adulto-bambino, la ricerca-azione, utilizzato lo sfondo integratore….la pedagogia conduttiva ha alimentato il desiderio della ricerca continua, per offrire una scuola il più aderente possibile al bambino reale e al tempo in cui vive…

E oggi? Quale didattica oggi viene applicata nelle nostre scuole? Come si progetta? Come si verifica?
Sarebbe interessante verificare a che punto siamo, che cosa c’è dentro alle scuole, quali esperienze avanzano e con quali metodologìe.
Mi piacerebbe sapere quali cambiamenti hanno portato gli specialisti, entrati in base ai tanti anni di progetti nelle scuole per formare, ma anche per operare direttamente al posto degli insegnanti…

Se ci sono belle esperienze nelle scuole credo che ci sia necessità di dare più voce a queste….dov’è la buona scuola che esce?
Noi avevamo spazi e tempi dedicati, la Fiera del libro, l’Università era partecipe.
Io credo che ci siano ancora studiosi e scrittori, esperienze di rilievo, progetti interessanti, ma se avessimo un contatto più diretto e capillare con le belle esperienze credo che crescerebbe nelle insegnanti la voglia di ricercare, di rinnovarsi… perché sono loro la forza del cambiamento, ed è importante che sia alto in loro il senso e il valore della professione docente.
Un grande valore che ricordo come punto di forza del nostro agire professionale era il valore del lavorare in gruppo: Non capisco il maestro unico di oggi…Ma perché? Unico sì, diceva già allora Lodi, nella sua propria qualità, ma nessuno può avere tutto…in un team hai la possibilità di dare la parte migliore di te, e così più persone concorrono alla più ampia offerta qualitativa per i bambini, per offrire loro la chiave personale per aprire ciascuna mente…io credo che la complessità della realtà sociale di oggi la affronti con la collegialità.
Io sono stata fortunata perché oltre ad avere avuto dei maestri con la M maiuscola, ho avuto la fortuna di aver lavorato con colleghe che non si isolavano nelle sezioni, che avevano voglia di camminare insieme, di mettere in comune le diversità… collaborando, cooperando, siamo diventate più consapevoli e il gruppo non ha annientato l’individualità di ciascuna. Abbiamo scoperto insieme, discusso, sempre pensando di contribuire a fare una scuola democratica, di tutti e per tutti!
Lucia Fava

A cura di Monica Diamanti.

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